Il fatto. Una donna e il marito chiedono, in proprio e nella qualità di esercenti la potestà genitoriale, il risarcimento dei danni asseritamente subiti in conseguenza del comportamento tenuto da un medico in occasione della gravidanza della donna, conclusasi con la nascita di un figlio affetto da sindrome di Down. Il medico, consultato privatamente dalla gestante nei primi mesi della gravidanza, non avrebbe consigliato alla donna di sottoporsi ad amniocentesi. Tale esame fu prescritto alla gestante, presso una struttura ospedaliera, soltanto al quinto mese di gravidanza: la donna, sentendosi ormai sicura e confidando nel comportamento tenuto dal medico fiduciario fino a quel momento, aveva però rifiutato di sottoporsi all’esame.

Il Primo grado. Il Tribunale respinge la domanda di risarcimento proposta nei confronti del medico.

Il Secondo grado. La Corte d’Appello conferma la sentenza di primo grado.

La Corte di Cassazione. Secondo la Corte di Cassazione, il rifiuto della donna di sottoporsi ad amniocentesi, presso una struttura ospedaliera, al quinto mese di gravidanza, non può avere, come erroneamente considerato dalle Corti di merito, una efficacia di causa esclusiva dell’inadempimento del medico. La mancata prescrizione dell’amniocentesi con le corrette tempistiche ha infatti precluso alla gestante “la possibilità di conoscere lo stato del feto fin dal momento in cui si rivolse al medico”, con la conseguente perdita di chance circa l’interruzione o la prosecuzione della gravidanza. La Corte di Cassazione cassa perciò la sentenza della Corte d’Appello, rinviandola ad altra Corte, la quale dovrà, nella decisione, applicare il seguente principio di diritto:

“Qualora risulti che un medico specialista in ginecologia, cui una gestante si sia rivolta per accertamenti sulle condizioni della gravidanza e del feto, non abbia adempiuto correttamente la prestazione per non avere prescritto l’amniocentesi ed all’esito della gravidanza il feto nasca con una sindrome che quell’accertamento avrebbe potuto svelare, la mera circostanza che, due mesi dopo quella prestazione, la gestante abbia rifiutato di sottoporsi all’amniocentesi, non elide l’efficacia causale dell’inadempimento quanto alla perdita della chance di conoscere lo stato della gravidanza fin dal momento in cui si è verificato e, conseguentemente, ove la gestante lamenti di avere subito un danno alla salute psicofisica, per avere avuto la sorpresa della condizione patologica del figlio solo al termine della gravidanza, la perdita di quella chance dev’essere considerata un parte di quel danno ascrivibile all’inadempimento del medico”.