Sulla Gazzetta Ufficiale n. 261 del 09.11.2015 sono state pubblicate le linee guida  per  le  procedure  inerenti  le  pratiche  radiologiche clinicamente sperimentate. Le linee guida, in attuazione delle previsioni dell’art. 6 comma 1 del decreto legislativo n. 187/2000, fissano i criteri di  riferimento per una migliore coordinazione tra la  prestazione sanitaria e la pratica radiologica, fornendo altresì raccomandazioni  e indicazioni operative ai medici prescriventi, nonché indicazioni utili a precisare funzioni e responsabilità, oltre che dei medici prescriventi, anche del medico radiologo, del TSRM e del fisico medico.

 

Il testo dell’appendice, nella parte relativa al consenso informato e al consenso implicito

La Appendice 2, allegata al Comunicato, è intitolata “Principi generali sul consenso informato” e merita di essere riportata per esteso:

 “Acquisire il consenso per un qualsiasi trattamento diagnostico (o terapeutico) rappresenta tipicamente un «atto medico», che come tale deve essere preceduto dalla raccolta accurata delle informazioni anamnestiche necessarie per confermarne indicazioni, accertarne controindicazioni, e valutarne necessità e appropriatezza (art. 35 del Codice deontologico 2014 «L’acquisizione del consenso o del dissenso e’ un atto di specifica ed esclusiva competenza del medico, non delegabile. Il medico non intraprende o prosegue in procedure diagnostiche e/o interventi terapeutici senza la preliminare acquisizione del consenso informato o in presenza di dissenso informato»). Il consenso informato pone il suo fondamento sul diritto, costituzionalmente garantito, di autonomia di scelta del paziente sul sottoporsi o meno a un trattamento sanitario. Elemento essenziale e sostanziale per una scelta libera e’ rappresentato dalla preventiva corretta e adeguata informazione sull’indicazione/necessita’ del trattamento, rischi e vantaggi dello stesso, rischi e vantaggi di possibili procedure alternative, e conseguenze prevedibili della mancata/ritardata esecuzione del trattamento, al fine di poter liberamente, autonomamente e consapevolmente esercitare la scelta se sottoporsi o meno al trattamento, ritenuto dal medico prescrivente appropriato, e, nel caso di accertamenti radiologici, giustificato. Il dovere di informare riveste per il medico prescrivente un obbligo fondamentale, tale da assumere il carattere di un dovere autonomo rispetto alla stessa colpa professionale, potendo persino prescindere dalla stessa sul piano delle possibili conseguenze negative a livello giudiziario. A parte il criterio generale presente nella legge n. 145/2001, che ha recepito la Convenzione di Oviedo sui diritti umani e la biomedicina (cui non hanno fatto seguito disposizioni regolamentanti), non esiste una disciplina specifica di riferimento, se non i numerosi riferimenti giurisprudenziali delle Corti di Merito. Si ritiene pertanto necessario fornire precise indicazioni con le presenti linee guida, al fine di evitare inutili appesantimenti formali e burocratici, con acquisizione di moduli prestampati di autorizzazione recanti in calce la firma dell’interessato per ogni singolo trattamento diagnostico e terapeutico attuato in caso di ricovero ospedaliero, che sul piano delle responsabilita’ non rappresentano un elemento sufficiente di per sé a comprovare che il consenso al trattamento diagnostico sia stato effettivamente reso in maniera consapevole e informata da parte del paziente. Per ridimensionare e ridurre tale prassi burocratica appare opportuno individuare in maniera chiara gli esami diagnostici radiologici che, in regime di ricovero, per la loro ordinarietà’ e routinarietà’, quali indagini elettive generalmente conosciute, ridotta invasività, basso livello di esposizione, possono ritenersi universalmente conosciute rispetto alle principali indicazioni, e per le quali il consenso si possa ritenere implicito, senza ulteriori formalizzazioni rispetto al semplice atto di essersi sottoposti volontariamente all’esame, nel corso del ricovero. Si sottolinea che anche tale forma di consenso implicito richiede necessariamente la dimostrazione oggettiva che le necessarie informazioni per poter esercitare una scelta consapevole da parte del ricoverato sul sottoporsi o meno alla procedura siano state correttamente fornite dal medico prescrivente dell’esame radiologico, che deve aver preventivamente valutata la giustificazione e l’appropriatezza prescrittiva dell’esame, nel rispetto delle linee guida nazionali sotto la propria responsabilita’. Occorrerà pertanto l’acquisizione in forma scritta in cartella clinica delle informazioni fornite, corredate da firma autografa del ricoverato, apposta per presa visione delle informazioni, e del medico che raccoglie l’anamnesi”.

 

La figura del “consenso implicito”.

Nella parte finale dell’Appendice emerge il riferimento ad un particolare tipo di consenso, per gli esami diagnostici radiologici in caso di ricovero.

Tale consenso, qualificato “implicito”, non prevederebbe ulteriori formalizzazioni oltre al semplice atto del paziente di sottoporsi volontariamente all’esame radiologico.

Il consenso implicito avrebbe il fine di ridurre l’aggravio burocratico e di superare una prassi che ha prodotto una modulistica analitica e tuttavia non sempre adeguata.

Il consenso implicito, tuttavia, così come appare modellato, non dà l’impressione di semplificare le cose; e, soprattutto, non è agevole identificarlo come “semplice atto di sottoporsi volontariamente all’esame radiologico”.

 

Presupposti, forma, requisiti del consenso implicito: profili interpretativi.

Al di là del lodevolissimo intento semplificatore, l’interpretazione di quanto dispongono le linee-guida non è agevole.

Nella formulazione letterale (in tema di consenso implicito) vanno anzitutto evidenziati tre punti:

  • La tipologia degli esami: il consenso implicito è ammesso per “gli esami diagnostici radiologici che, in regime di ricovero, per la loro ordinarietà’ e routinarietà’, quali indagini elettive generalmente conosciute, ridotta invasività, basso livello di esposizione, possono ritenersi universalmente conosciute rispetto alle principali indicazioni”.
  • La definizione del consenso implicito: il consenso implicito è il consenso inducibile dal “semplice atto di essersi sottoposti volontariamente all’esame” (ma, come risulta dal punto successivo, tale “semplice atto” deve essere supportato da contenuti tipici e forma scritta).
  • La forma del consenso implicito: le linee-guida parlano di “acquisizione in forma scritta in cartella clinica delle informazioni fornite, corredate da firma autografa del ricoverato, apposta per presa visione delle informazioni, e del medico che raccoglie l’anamnesi (quindi: verbalizzazione, in cartella clinica, delle informazioni fornite; sottoscrizione della verbalizzazione da parte del ricoverato, apposta per presa visione delle informazioni fornite; sottoscrizione da parte del medico che raccoglie l’anamnesi).

Fin qui, tutto abbastanza chiaro, ma occorre considerare a parte un punto ulteriore:

  • La “dimostrazione oggettiva” delle informazioni fornite dal medico prescrivente. “Tale forma di consenso implicito richiede necessariamente la dimostrazione oggettiva che le necessarie informazioni per poter esercitare una scelta consapevole da parte del ricoverato sul sottoporsi o meno alla procedura siano state correttamente fornite dal medico prescrivente dell’esame radiologico, che deve aver preventivamente valutata la giustificazione e l’appropriatezza prescrittiva dell’esame, nel rispetto delle linee guida nazionali sotto la propria responsabilità”. Orbene, questa “dimostrazione oggettiva” come si concreta e come si documenta? È un mero presupposto del “semplice atto di sottoposizione all’esame”, oppure è un elemento che si proietta anche nella forma dell’atto? In questo secondo caso, dovrebbe avere riscontro nelle “informazioni fornite” di cui occorre far menzione in cartella clinica, ma ciò presupporre un atto a monte da parte del medico prescrivente, nel qual caso il cosiddetto consenso implicito perderebbe ulteriormente la sua caratteristica di “semplice atto di sottoposizione alla prova”. Altrimenti, una domanda è inevitabile: come si configura e dove si colloca, concretamente, la “dimostrazione oggettiva che le necessarie informazioni per poter esercitare una scelta consapevole da parte del ricoverato sul sottoporsi o meno alla procedura siano state correttamente fornite dal medico prescrivente”?  

In definitiva, la figura del consenso implicito nasce da una esigenza di semplificazione che è rilevante e diffusa, e la strada imboccata è promettente; tuttavia, è innegabile che qualche ulteriore chiarimento potrebbe giovare.