La Corte di Cassazione, con sentenza del 21 dicembre 2017 delle Sezioni Unite Penali, N.R.G 10952/2017, ha affrontato e deciso (ovvero, ha prodotto una formulazione nell’intento di istituire sottoregole di precisazione) in materia di responsabilità colposa, dell’esercente la professione sanitaria, per morte o lesioni personali. Si riportano qui di seguito: il testo normativo di riferimento; la questione; le determinazioni assunte dalla Suprema Corte, sezioni penali.

 

Testo normativo: art. 6, comma 1, legge (cosiddetta Gelli o Gelli-Bianco) 8 marzo 2017 n. 24

Dopo l’articolo 590-quinquies del codice penale è inserito il seguente:

“Articolo 590-sexies (responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario). Se i fatti di cui agli articoli 589 e 590 sono commessi nell’esercizio della professione sanitaria, si applicano le pene ivi previste salvo quanto disposto dal secondo comma.

Qualora l’evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanze di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto”.

Questione: ambiti di punibilità per morte o lesioni personali conseguenti ad esercizio della professione medica

E’ da determinarsi in quali casi sussista e in quali casi sia esclusa, alla luce della formulazione normativa, la punibilità prevista dall’art. 590-sexies codice penale, introdotto dall’art. 6 della legge 8 marzo 2017, n. 24.

 

Decisione della Corte di Cassazione

“L’esercente la professione sanitaria risponde, a titolo di colpa, per morte o lesioni personali derivanti dall’esercizio di attività medico-chirurgica:

  1. Se l’evento si è verificato per colpa (anche lieve) da negligenza o imprudenza;
  2. Se l’evento si è verificato per colpa (anche “lieve”) da imperizia: 1) nell’ipotesi di errore rimproverabile nell’esecuzione dell’atto medico quando il caso concreto non è regolato dalle raccomandazioni delle linee guida o, in mancanza, dalle buone pratiche clinico-assistenziali: 2) nell’ipotesi di errore rimproverabile nelle individuazione e nella scelta di linee guida o di buone pratiche che non risultino adeguate alla specificità del caso concreto, fermo restando l’obbligo del medico di disapplicarle quando la specificità del caso renda necessario lo scostamento da esse;
  3. Se l’evento si è verificato per colpa (soltanto “grave”) da imperizia nell’ipotesi di errore rimproverabile nell’esecuzione, quando il medico, in detta fase, abbia comunque scelto e rispettato le linee guide o, in mancanza, le buone pratiche che risultino adeguate o adattate al caso concreto, tenuto conto altresì del grado di rischio da gestire e delle specifiche difficoltà tecniche dell’atto medico”.

 

Commento

L’enunciato A, contenuto nella formulazione riferita, è ovvio. Infatti: poiché la legge Gelli dispone che. Ricorrendo determinate condizioni, la punibilità sia esclusa quando l’evento si è verificato a causa di imperizia, è ovvio (a contrario) che la punibilità non sia esclusa (pertanto sussista) quando l’evento si è verificato a causa di negligenza o di imprudenza. L’enunciazione è astrattamente chiara; in concreto, nozioni come imperizia o negligenza o imprudenza possono presentare zone di sovrapposizione (soprattutto nei rapporti tra imperizia e negligenza, poiché non è peritus colui che compie un atto omettendone di considerare ogni profilo di per sé e di contesto).

Gli altri due enunciati (B e C) graduano e distinguono due livelli di imperizia; in verità, la Corte non parla esplicitamente di imperizia lieve e di imperizia grave, ma, poiché il testo della Cassazione parla di colpa pieve da imperizia e colpa grave da imperizia, è come se si graduasse in imperizia lieve e imperizia grave. Comunque, la percezione del provvedimento della Corte risulta agevolata se, anziché partire dalla colpa e dalle relative gradazioni, si parte dalle “fattispecie”. In tal senso la Corte tipizza come segue. 

 

 

 

 In definitiva, la Suprema Corte ha sistematizzato e chiarito (per maggiore trasparenza) alcune implicazioni dell’art. 6 della Legge Gelli; soprattutto, ha formulato una interessante sottoregola in materia di errore di esecuzione avvenuto nel rispetto di linee guide e buone pratiche: il riferimento all’atto di esecuzione (seppure in una formulazione, apparentemente contraddittoria, che lo fa convivere col rispetto delle linee guida) è già un contributo utile per illuminare l’articolo 6 (in cui era stata ravvisata, proprio su questo punto, qualche oscurità). Ovviamente non tutto è risolto; sarà la casistica a chiarire, come è tuttora necessario, “le linee guida dell’interpretazione”.

 

Un interrogativo finale.

Comunque, come considerazione di chiusura, una domanda è inevitabile: le prospettazioni mediatiche – che ravvisavano (anche sul terreno penale)  un salto di qualità nella tutela della professione medica, e che ritenevano superate le condizioni  genetiche  della medicina difensiva – avevano solido fondamento, oppure erano frettolosamente fallaci?