Il fatto.

Un medico, intervenendo – alla presenza di infermieri e altro personale – in una discussione tra una dottoressa e i genitori di un paziente ricoverato nel reparto di neurochirurgia, pronuncia una espressione ingiuriosa nei confronti della dottoressa; nella specie, le parole: “Ma vai… vai a casa”.

Il motivo è il seguente: il paziente, secondo la dottoressa, era colpevole di essersi alzato imprudentemente dal letto, nonostante la diagnosi lo sconsigliasse. Il medico, al contrario, aveva già in precedenza autorizzato il paziente a muoversi. Egli aveva dunque ripreso la dottoressa, che in quel momento stava rimproverando i genitori del paziente.

La dottoressa, sentendosi offesa e discriminata, si costituisce parte civile nel procedimento penale a carico del medico, asserendolo colpevole del reato di ingiuria.

Il primo e il secondo grado.

Per il Giudice di Pace e il Tribunale, che assolvono il medico, il fatto non costituisce reato.

 

Commento dell’Avv. Enrico Tardy (foro di Torino) alla sentenza di Cassazione

La pronuncia della Cassazione in materia di Ingiuria, pur dichiarando inammissibile il ricorso proposto dalla parte civile, offre interessanti spunti di riflessione.

L’espressione considerata ingiuriosa dalla persona offesa, medico presso l’ospedale di Campobasso, proferita dal collega, è stata: “Ma vai… vai a casa”.

Premettendo che ad oggi, in ragione dell’intervenuta depenalizzazione, il reato di cui all’art. 594 cp costituisce esclusivamente illecito civile (d.lgs. n. 7 e 8 del 15/01/16), nel ripercorrere l’iter processuale, la Suprema Corte sottolinea come le censure del ricorrente siano state di mero fatto e non di diritto, sfociando dunque in una pronuncia di inammissibilità.

Nel merito, viene sottolineato come l’espressione sopra riportata rientri nell’ambito di un commento inopportuno e negativo, ma in sé non sconveniente né riprovevole.

Sul punto, la lettura degli accadimenti da parte del Tribunale così come del Giudice di Pace, è stata, a parere dello scrivente, benevola per l’imputato.

Dire ad un collega, di fronte ai parenti di un paziente, l’espressione “Ma vai… vai a casa” in ragione di un dissenso sul comportamento da suggerire al paziente potrebbe, in linea teorica, contenere gli elementi richiesti per l’integrazione del reato di ingiuria secondo il vecchio dettato del 594 cp: la presenza della persona che ha ricevuto l’ingiuria, l’aggravante della presenza di più persone, la lesione dell’onore (viene in qualche maniera denigrata la competenza professionale della dottoressa, dunque il suo onore e decoro), il dolo generico ossia l’animus iniuriandi.

Certamente il confine tra espressione inopportuna o riprovevole e quella ingiuriosa a volte si dimostra poco netto e di difficile individuazione, risultando di ausilio il contesto nel quale dette espressioni vengono proferite.